Note sull’evoluzione del genere crime: ieri oggi… e domani?
di Bruno Morchio

È un fatto ben noto che chi non ha mai avuto successo
finisce per scrivere libri su come avere successo;
e non vedo perché il principio non si possa applicare
al successo nello scrivere racconti gialli.
Gilbert Keith Chesterton

Premessa
In un pamphlet pubblicato nel 2018, Massimo Carlotto guarda alla pletora di romanzi gialli, polizieschi, noir e thriller (che riassume sotto l’etichetta crime) che ogni anno si pubblicano in Italia e lamenta un senso di saturazione, un’impressione di già letto, rilevando come “negli anni il genere abbia subito una modificazione e un netto sbilanciamento a tutto vantaggio dei personaggi, che sono diventati un valore da coltivare e l’elemento sul quale impostare il rapporto con i lettori”, per poi aggiungere: “Io resto invece convinto che l’autore di noir non debba lavorare in prima battuta sui personaggi, ma sulle storie”. Per meglio chiarire il suo pensiero affronta il tema della serialità, rilevando che essa, “per come è concepita in Italia, va sempre più nella direzione del romanzo poliziesco e d’indagine, cercando deliberatamente una soluzione consolatoria”, dove “autori, editori, editor formano un mondo estremamente compatto, che persegue obiettivi comuni, prima di tutto di mercato. Io però credo”, aggiunge, “che per uno scrittore ci sia lo spazio e anche la necessità di rivedere il proprio ruolo e di decidere autonomamente di staccarsi e fare progetti differenti, cercando nuove strade”.
Dopo aver ricordato come la globalizzazione della finanza e del crimine abbiano determinato una labilità del confine tra economia legale e illegale, “influenzando le vite delle persone, in provincia come nelle metropoli, andando a toccare il loro quotidiano e la loro dimensione più intima”, propugna “un ritorno alle origini del noir”, un genere letterario che è nato in America negli anni Trenta per “esaminare i riflessi della crisi sui destini individuali”. Tale ritorno alle origini non può prescindere dalla lingua e dallo stile (…) invadendo territori ed esplorando livelli narrativi capaci di arrivare a coinvolgere e interessare anche persone che di fatto non amano il noir”; e “chiudere una volta per tutte col genere (…) rivendicando tutto ciò che si è stati, e quello che si è, ma spingendo concretamente il romanzo in un’altra direzione”. Come farlo? “La dimensione linguistica e quella letteraria devono essere i nuovi tramiti” (continua)

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