Con “La fine è ignota”, l’autore mette in scena per la prima volta Mariolino Migliaccio, investigatore privato poco più che trentenne, confermandosi uno dei più interessanti scrittori di genere.

“La fine è ignota” (Rizzoli) è l’ultimo romanzo di Bruno Morchio, autore di Genova che della città ci regala molti scorci e assaggi dialettali. Qui mette in scena per la prima volta Mariolino Migliaccio, investigatore privato poco più che trentenne, il miglior segugio della piazza, “miscio” ovvero squattrinato, non proprio pulitissimo, solo come un cane, campa alla giornata, vive in una squallida pensione e spesso provoca repulsione nelle persone con cui vorrebbe un approccio più vicino:

«Ma ti sei visto? Sembri un vagabondo. Da quanto tempo non vedi una vasca da bagno? Quell’eskimo puzza di cane bagnato e hai l’alito che odora di fogna».

Quando il boss Luigi il Vecchio lo assolda per trovare la scomparsa prostituta Livera Murati, gli affari paiono inizialmente andare per il verso giusto, ma il caso lo inghiotte con risvolti imprevisti e lui cerca di uscirne grazie al suo intuito e alla sua bravura. Perché il ragazzo di stoffa ne ha, bisogna ammetterlo. E ha anche un cuore grande, nonostante il cinismo affinato dall’abitudine a sopravvivere: lo scopriamo non solo perché è innamorato della sfuggente Fatima, anche lei affittuaria nella stessa pensione, ma soprattutto per lui come aggiusterà una faccenda.

Mariolino si muove per una città viva e intensa, sgattaiola tra i carruggi attorniato da una galleria di personaggi indimenticabili: dalla esile Milca, prostituta troppo giovane, alla svitata Soledad, al violinista rom Anghel, a un vu cumprà tunisino, alla tenutaria senz’anima che sembra sapere più di quanto non voglia spifferare, fino alla madre Wanda, che compare sempre attraverso flashback nostalgici riservati a chi non c’è più. Gli ha trasmesso la passione per la musica e per il cinema americano anni Trena e Quaranta, oltre a un senso pratico che nella vita gli torna molto utile. Ma Wanda, che anche lei “praticava il mestiere”, non c’è più e attorno alla sua morte pende un altro mistero:

«Purtroppo (il suo intuito) non ha funzionato al cento per cento. Non le ha impedito, una mattina d’autunno di dieci anni fa, di ricevere un cliente che, oltre a fare sesso, l’ha trapassata con dieci coltellate e si è dileguato senza lasciare tracce».

La città vecchia e la città dei bassifondi diventano terreno ideale per una sorta di Bronx in cui magnaccia, spacciatori, criminali vogliono pareggiare i conti e in cui vige la legge del più forte – o del più furbo. Così, in una società dove la legalità vacilla e la giustizia a volte fa cilecca, dove “il segreto per venire assolti è scegliersi l’avvocato giusto”, tra appostamenti infruttuosi, rischiosi e depistaggi, il nostro protagonista affina una sua personale etica con cui il lettore e la lettrice si troveranno pienamente d’accordo. Perché nonostante il marcio che lo accompagna da sempre, risplende in lui ancora la purezza dei buoni.

Con una scrittura immediata, incalzante e scattante, perfino a tratti poetica (come nelle brevi apparizioni di Fatima), con dialoghi impeccabili, con momenti d’azione alternati a descrizioni fatte di brevi pennellate, Bruno Morchio – che molti di voi già conosceranno per la fortunata serie gialla dell’investigatore Bacci Pagano – si conferma uno dei più interessanti scrittori di genere.

 

Fonte: Huffington Post