A prima botta lo stravagante, quasi barbone puzzolente azzecarburgli ma geniale Mariolino Migliaccio di Bruno Morchio, orfano, una giovinezza a dir poco infelice, gli anni di Cristo quando fu inchiodato sulla croce e neanche un soldo, mi piace sì e no. E che dire poi della eterogenea Corte dei miracoli che gli offre scenario e comparsata in cui domina con prepotenza ? Di Luigi, il vecchio maneggione milionario, il suo furbo, velenoso e intrigante datore di lavoro e dei suoi accoliti.?
Poi . beh piano piano ci prendo confidenza, mi abituo, mi rallegro per i suoi tentativi di ripulirsi , apprezzo in lui la conoscenza del cinema americano anni 50 e le canzoni di Polo Conte, avvocato astigiano, per i ricordi legati a una delle passioni di sua madre, la serena Lucciola Wanda uccisa brutalmente da un o sconosciuto cliente quando lui frequentava l’ultimo anno di liceo. E Mariolino non riesce ancora ad accettare il fatto che la polizia non ha mai saputo trovare l’assassino. Oggi si spaccia come investigatore privato, ovviamente senza licenza né ufficio, riceve i pochi clienti che gli permettono appena la sopravvivenza al tavolo d’angolo della tampa di Vico San Sepolcro.
Eh già perché da quando Wanda, sua madre, è stata massacrata da un cliente, Mariolino Migliaccio di botto ha perso tutto quello che aveva: un affetto vero, una casa dove vivere e forse persino un possibile diverso futuro. Si è trasformato in un reietto, insomma nel classico caso di ideale candidato per il reddito di cittadinanza. E invece lui no! Navigando a vista si è scavato con gli anni un posticino da ficcanaso a pagamento, di bocca buona con la clientela purché paghi il dovuto, con tutti i contatti utili e il supporto di mendicanti e barboni , suoi occhi e orecchie locali. Ma anche di un punto di riferimento, una specie di aggiusta magagne, per dare una mano, scovare, scoprire ogni tipo di inganno o malefatte ai danni di gente della zona, i poveracci come lui.
Cosa che bene o male gli consente di mangiare in qualche modo anche nei tempi di vacche magre e pagare quei pochi euro al mese per una camera, una buia topaia gestita da un’arpia senza scrupoli.
Pur sguazzando in una storia dalle tinte oscure, Mariolino Migliaccio non rappresenta certo il modello di un classico investigatore hard – boiled alla Phip Marlowe e per colpa delle sue risicatissime finanze non avrà certo modo di avvalersi per il suo primo incarico “serio”, delle sofisticate tecnologie in uso agli attuali moderni inquirenti. Farà come può. In pratica con a disposizione sul campo, come uniche attrezzature atte a indagare di una vecchio e scalcinato Nokia supportato da un abbonamento a internet. Per tutto il resto non gli resta che darsi da fare come un forsennato, correndo qua e là e facendo accelerare fino a mille all’ora le robotiche rotelle che paiano girargli in testa. Ovverosia nessuno mai potrà privarlo del suo infallibile fiuto e dalla sua acquisita ed eccezionale abilità di arrangiarsi sempre, comunque e ovunque. Lui è di casa, fa parte della fauna stanziale, conosce ogni più remoto angolo dei carruggi della vecchia Genova e sa rovistare nei posti giusti per andarne a scoprire le ingiurie e falsità.
Quindi non è certo per caso che Luigi il Vecchio, vecchio e temuto boss che gestisce in città tutto il traffico clandestino di prostitute giunte dall’est e soprattutto uno specialissimo centro benessere, lo abbia arruolato, foraggiandolo persino con un bell’anticipo, per ritrovare Liveta, una delle “sue praticanti” massaggiatrici dileguatasi nel nulla con pare l’aiuto di un danaroso cliente. Ma a Mariolino, che non è stupido , la faccenda appare subito poco chiara, anzi detto in parole semplici gli puzza di bruciato. E ben presto scoprirà di non essere stato pagato per ritrovare Liveta ma e soprattutto per sbrogliare un pasticcio che potrebbe coinvolgere molto pericolosamente tutta la banda di Luigi. Ma i soldi gli fanno gola, il sostanzioso guadagno promesso, in caso di successo, potrebbe offrirgli una migliore chance di un futuro, aprirgli altri orizzonti. Non gli resta che giostrare con consumata abilità le poche carte della quali dispone e a costo di rimetterci tutto, giocare d’azzardo, scoprendo pian piano i suoi pochi atout. Riuscirà a farseli bastare?
Bruno Morchio con Marilino Migliaccio ci introduce in quelle parte di una Genova multietnica, facendoci scoprire il suo nuovo personaggio. Un nuovo intrigante protagonista che a conti fatti potrebbe avere tutte le carte in regola per sostituire Bacci Pagano nei cuori dei lettori di Morchio.
Lui Mariolino Migliaccio, cuore grande, prodigo e mente fina, bistrattato in amore, ma un diavolo nel doppiogiochismo che gli consente con disinvoltura di far girare le cose a suo modo. Donchisciottesco quando gli fa comodo , con l’animo generoso del cavaliere errante e il cuore sempre aperto alla speranza. Anche all’immaginazione forse e alla magia del possibile?
Un protagonista con il quale già ci sentiamo in sintonia, pronti a entrare più in confidenza, ponendoci mille domande ancora su tanti perché della sua vita e delle sue scelte fatte finora ma, e per fortuna, già in questo primo romanzo intravediamo gli ami lasciati ad arte dall’autore che ci permetteranno di approfondire la sua conoscenza in seguito.
Fonte: LIBROGUERRIERO